Con una interrogazione scritta, ho interessato sia il Ministro dello Sviluppo Economico che quello del Lavoro e delle Politiche Sociali sul caso Froneri, l’azienda controllata da Nestlé e dal fondo Pai Partners che nei giorni scorsi ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Parma.
Una vertenza che vede coinvolti ben 112 lavoratori a tempo indeterminato, circa 80 stagionali e circa 50 lavoratori dell’indotto.
Nell’interrogazione ho chiesto all’esecutivo chiarimenti in merito alla vicenda, ricordando oltretutto come l’azienda stessa avesse in precedenza più volte smentito l’ipotesi di licenziamenti nello stabilimento locale. Lo scorso settembre, al terzo incontro degli otto fissati mensilmente fino a marzo 2018, l’azienda ha comunicato ai Sindacati l’apertura della procedura di licenziamento collettivo per 120 lavoratori, di cui 112 a Parma, conseguenti alla chiusura della fabbrica e alla riorganizzazione di parte degli uffici.
Nel medesimo incontro è stata anche consegnata la disdetta di tutti gli accordi aziendali derivanti dalle contrattazioni avvenute con Nestlé e prima Italgel e Tanara Gelati.
Tutto ciò, elemento di indiscutibile gravità, avviene peraltro ricorrendo ai fondi europei per le aree depresse, con i quali si costituiscono stabilimenti in tali aree dismettendo quelli nelle aree industriali del Paese. Una prassi a mio avviso inammissibile: sono palesi l’abuso del diritto quanto la violazione dello spirito della legge e l’aggiramento dei suoi obiettivi, che non possono certo essere quelli di indebolire una zona industriale per crearne un’altra.
Questi comportamenti sono la negazione della responsabilità sociale dell’impresa e ci riportano alla stagione inaccettabile del padrone delle Ferriere.
Ai Ministri ho ricordato inoltre come l’azienda si sia sempre dichiarata non disponibile a valutare un percorso di reindustrializzazione, sebbene ciò sarebbe stato sostenuto da Comune, Regione e Mise.
Il caso Froneri sottolinea una volta di più l’esigenza di una modifica legislativa che trovi le proprie premesse in un regolamento o in una direttiva comunitaria. Per questo ho voluto segnalare il caso in modo particolare anche a Isabella De Monte e Damiano Zoffoli, autorevoli rappresentanti del Parlamento europeo di comprovata sensibilità su questi temi.
Vi terrò come sempre aggiornati.