L’ “Appello ai Liberi e Forti” di Don Luigi Sturzo del 18 Gennaio 1919, tanto più in chiave odierna ha un valore testimoniale indiscutibilmente potente e suggestivo.
Nell’Italia provata dalla prima guerra mondiale e dalle conseguenze sociali ed economiche di quest’ultima, avviata verso il fascismo, il sacerdote di Caltagirone compì un ultimo, disperato tentativo di scuotere le coscienze (e il sistema politico). Lo fece con un messaggio programmatico potente e non qualunquista, sulla centralità della libertà della persona e sull’esigenza di una coerente riforma delle istituzioni pubbliche onde “dare valore all’autorità come forza ed esponente insieme della sovranità popolare e della collaborazione sociale”.
Un messaggio che non ha nulla di retorico (o di politichese), ma al contrario è un magistrale esempio di saggezza e di responsabilità politica.
Don Sturzo infatti, perfettamente consapevole dell’irreversibile crisi dello Stato liberale e della sua classe dirigente, comprese che per fermare (o, in prospettiva, superare) il fascismo, é necessaria una grande riforma della società, delle sue componenti, delle istituzioni. Riforma che si deve ispirare al principio della libertà e della responsabilità individuali.
È una posizione durissima di contrapposizione al “nuovo che avanza”, della quale colpisce la pacatezza dei toni, l’assenza di aggressività, di protagonismo individuale e di tensione propagandistica…
Quanto è cambiato da allora! Eppure il tempo sembra a volte esser passato inutilmente: siamo oggi in una situazione socio-politica molto simile a quella di allora, con le istituzioni in crisi e la società attraversata da un fortissimo malessere. L’involuzione del sistema democratico verso forme (quantomeno) oligarchiche è anche oggi chiarissima.
Si potrebbe dire: nessun problema! Sono i corsi e i ricorsi della storia, come ha insegnato Giambattista Vico! Con almeno una differenza, però: che non ci sono i Don Sturzo e gli altri “giganti”, che gli succedettero per la fortuna del nostro paese.
E allora? E allora bisogna guardare avanti, ricostruire una prospettiva che non può prescindere proprio da ciò che quell’appello ai “Liberi e Forti” enunciava in termini sociali, economici e istituzionali.
Può sorprendere l’assonanza della visione tracciata dall’appello sturziano con la prima parte della Costituzione. Se così è (e mi pare lo sia), l’appello, una volta attualizzato, è una traccia insostituibile per questa Italia che deve recuperare – sul piano della costituzione materiale – la coesione e la solidarietà che ne hanno fatto una grande Nazione e che sole la possono salvare.
QUI, il testo originale dell’appello di Luigi Sturzo del 18 gennaio 1919.