L’intervista a il Venerdì di Repubblica sul mio primato di produttività parlamentare

Condivido il testo integrale dell’intervista rilasciata dopo la notizia dell’aggiornata classifica di OpenPolis sulla produttività parlamentare, pubblicata oggi 15 settembre 2017 sul settimanale il Venerdì di Repubblica.

UNO STACHANOV IN SENATO: «LO STIPENDIO ME LO SUDO, IO»
di Rosario Di Raimondo

Giorgio Pagliari (Pd) è il parlamentare più produttivo della legislatura. Qui si racconta tra successi e trombature: «Che noia schiacciare quel bottone»

BOLOGNA.  È senatore, ma anche amico dei portaborse. Ha votato in aula 16.655 volte su 17.466 anche se schiacciare bottoni lo annoia a morte. Pensa che lo stipendio da diecimila euro lordi al mese sia giusto, ma «gli altri novemila di spese forfettarie andrebbero tagliati». Ha 66 anni, «purtroppo», ed è di Parma. Avvocato, professore universitario, donatore seriale di sangue (175 volte in carriera) e parlamentare Pd. Il più produttivo della diciassettesima legislatura. «Possiamo sentirei più tardi?», risponde al telefono Giorgio Pagliari. «Sto visitando un carcere». Ci mancherebbe.

L’associazione Openpolis lo ha consacrato lo Stachanov delle Camere. «Mi fa piacere. Sa quante volte al bar sento le persone dire: “Non fate niente, scansafatiche”?». Qualche numero. Pagliari è presente in aula 97 volte su 100. Primo firmatario di 20 disegni di legge, di cui uno andato in porto. Cofirmatario di 213 progetti. Ha presentato 8 mozioni, 121 interrogazioni e 456 emendamenti. Per lui questa in corso è la prima esperienza a Palazzo Madama. «La politica era un hobby, come il tennis». Nella sua carriera ha cambiato simboli e bandiere. A Parma è ricordato per essere stato l’ultimo segretario della Dc – «Ai tempi di Mani Pulite, non era mica facile … » – poi primo segretario del Partito Popolare. Poi Margherita. Poi Pd. «Renzi? Lo sostengo. Ma penso che oggi il Partito democratico sia la prima opposizione di se stesso».

Pagliari viene “premiato” per aver fatto semplicemente il suo lavoro. Una cosa che sembra una rarità nel nostro Paese. «La parte più brutta del lavoro? Quella in cui si schiaccia un bottone, una noia mortale. A me piace lavorare in commissione, seguendo l’iter delle leggi. Ho portato a casa il testo che dà fondi al Festival [Verdi] di Parma e Busseto. Peccato che il mio progetto più importante non vedrà mai luce: la riforma del processo tributario. Purtroppo non ci sono i tempi».

E l’impatto con Roma? «Ho capito subito quanto conta la politica. Una volta dimentico il cellulare in taxi. Il mio assistente chiama il numero verde. Niente. “Provi lei”, mi dice. Dopo venti minuti il tassista era da me».

E siccome la sua è un’esperienza davvero completa, racconta: «Ho avuto pure il tempo di essere trombato. Dovevo fare il presidente della prima commissione. Tutti mi facevano già i complimenti. Nominarono un altro». Tutto sommato una bella avventura. E poi lo stipendio non è niente male. «La funzione parlamentare giustifica i 10 mila euro lordi di stipendio, che diventano cinquemila netti. Il problema sono le indennità. Lì siamo sui 9 mila euro al mese». Quindi hanno ragione i 5 Stelle?
«Stimo alcuni di loro sul piano personale, ma in Parlamento fanno solo chiasso ed esibizioni». E ora che la legislatura è al capolinea? «Un altro giro lo farei, ma non so cosa dirà la mia nipotina».

Il Venerdì di Repubblica e la pagina di OpenPolis che registra la mia attività parlamentare

Leave a Comment