Un quadro sinottico della cittadinanza agli stranieri, tra diritto vigente e proposta di legge. Appunti per una riflessione

  1. I temi caldi dello “ius soli temperato” e dello “ius culturae” non possono essere affrontati senza inserirli nel quadro della legislazione vigente (in specie, L. 91/1992) che prevede già più fattispecie di concessione della cittadinanza agli stranieri1.

  2. Secondo la Legge 5 febbraio 1992, n. 91 (“Nuove norme sulla cittadinanza”):

    2.1 la cittadinanza italiana si acquista per Ius sanguinis ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a). Acquistano di diritto alla nascita la cittadinanza italiana coloro i cui genitori (anche soltanto il padre o la madre) siano cittadini italiani.

    2.2 Ius soli: l’ordinamento italiano riconosce il diritto alla cittadinanza italiana in base al criterio alternativo dello jus soli a:

    — coloro che nascono nel territorio italiano e i cui genitori siano da considerarsi o ignoti (dal punto di vista giuridico) o apolidi (cioè privi di qualsiasi cittadinanza) (art. 1, co. 1, lett. b));

    — coloro che nascono nel territorio italiano e che non possono acquistare la cittadinanza dei genitori in quanto la legge dello Stato di origine dei genitori esclude che il figlio nato all’estero possa acquisire la loro cittadinanza (art. 1, co. 1, lett. b));

    — i figli di ignoti che vengono trovati (a seguito di abbandono) nel territorio italiano e per i quali non può essere dimostrato, da parte di qualunque soggetto interessato, il possesso di un’altra cittadinanza (art. 1, co. 2).

    2.3 Ius filiatonis: la cittadinanza italiana è acquisita anche per riconoscimento della filiazione (da parte del padre o della madre che siano cittadini italiani), oppure a seguito dell’accertamento giudiziale della sussistenza della filiazione: l’acquisto della cittadinanza nelle due ipotesi illustrate è automatico per i figli minorenni (art. 2, co. 1); i figli maggiorenni, invece, conservano la propria cittadinanza, ma possono eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione con un’apposita dichiarazione da rendere entro un anno dal riconoscimento, ovvero dalla dichiarazione giudiziale di filiazione, o dalla dichiarazione di efficacia in Italia del provvedimento straniero, nel caso in cui l’accertamento della filiazione sia avvenuto all’estero (art. 2, co. 2).

    2.4 Servizio militare o assunzione di pubblico impiego o residenza (riservata a discendenti per nascita fino al secondo grado da cittadini italiani): sono previste modalità agevolate di acquisto della cittadinanza per gli stranieri di origine italiana: la cittadinanza italiana può essere acquisita dagli stranieri o apolidi, discendenti (fino al secondo grado) da un cittadino italiano per nascita, a condizione che facciano un’espressa dichiarazione di volontà e che siano in possesso di almeno uno di questi requisiti:

    — abbiano svolto effettivamente e integralmente il servizio militare nelle Forze armate italiane: in questo caso la volontà del soggetto interessato di acquisire la cittadinanza italiana deve essere espressa preventivamente (art. 4, co. 1, lett. a));

    Il regolamento di attuazione della L. 91/1992 chiarisce che, ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, si considera che abbia prestato effettivamente servizio militare chi abbia compiuto la ferma di leva nelle Forze armate italiane o la prestazione di un servizio equiparato a quello militare (ad es. il servizio civile), a condizione che queste siano interamente rese, salvo che il mancato completamento dipenda da sopravvenute cause di forza maggiore riconosciute dalle autorità competenti (D.P.R. 572/1993, art. 1, co. 2, lett. b)).

    — assumano un pubblico impiego alle dipendenze, anche all’estero, dello Stato italiano (art. 4, co. 1, lett. b));

    — risiedano legalmente in Italia da almeno due anni al momento del raggiungimento della maggiore età. Per l’acquisto della cittadinanza italiana, viene considerato legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede, avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d’iscrizione anagrafica (DPR 572/1993, art. 1, co. 2, lett. a)).

    Lo straniero, che sia nato in Italia, può divenire cittadino italiano a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età e dichiari, entro un anno dal compimento della maggiore età, di voler acquistare la cittadinanza italiana (art. 4, co. 2).

    2.5 Matrimonio: disposizioni particolari sono dettate per quanto riguarda l’acquisto della cittadinanza da parte di stranieri o apolidi che hanno contratto matrimonio con cittadini italiani (artt. da 5 a 8). Gli stranieri coniugi di cittadini italiani ottengono la cittadinanza, dietro richiesta presentata al prefetto del luogo di residenza dell’interessato, oppure, se residenti all’estero, all’autorità consolare competente, se possono soddisfare, contemporaneamente, le seguenti condizioni:

    — assumano un pubblico impiego alle dipendenze, anche all’estero, dello Stato italiano (art. 4, co. 1, lett. b));

    — assenza di condanne penali per i delitti non colposi per i quali è prevista una pena edittale non inferiore a tre anni;

    — assenza di condanne penali per i delitti contro la personalità internazionale e interna dello Stato e contro i diritti politici dei cittadini;

    — insussistenza della separazione legale;

    — persistenza del vincolo matrimoniale;

    — residenza legale nel territorio italiano da almeno due anni, successivi al matrimonio, o, in alternativa, per gli stranieri residenti all’estero, il decorso di tre anni dalla data del matrimonio tra lo straniero e il cittadino; i predetti termini sono ridotti della metà in presenza di figli nati dai coniugi;

    — insussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.

    La durata minima della residenza necessaria all’acquisizione della cittadinanza da parte del coniuge straniero residente in Italia è stata raddoppiata in caso di matrimonio con prole (da sei mesi ad un anno) e quadruplicata in caso di matrimonio senza prole (da sei mesi a due anni); mentre la durata minima del matrimonio necessaria all’acquisto della cittadinanza da parte del coniuge straniero residente all’estero rimane immutata in caso di matrimonio senza prole (3 anni) e subisce un dimezzamento in caso di matrimonio con prole (da 3 anni a 18 mesi).

    2.6 Residenza: il periodo di residenza legale in Italia, graduato in funzione dello “status” degli stranieri richiedenti, che costituisce il requisito fondamentale per conseguire la cittadinanza secondo tale modalità, deve essere ininterrotto e attuale al momento della presentazione dell’istanza per la concessione della cittadinanza.

    Può presentare domanda per ottenere la concessione della cittadinanza italiana il cittadino straniero, che si trova in una delle seguenti condizioni:

    — assenza di condanne penali per reati non politici, con pena detentiva superiore a un anno, inflitte da autorità giudiziarie straniere con sentenza riconosciuta in Italia;

    — residente in Italia da almeno dieci anni, se cittadino non appartenente all’Unione europea, o da almeno quattro anni, se cittadino comunitario (art. 9, co. 1, lett. f) e d));

    — ai fini della concessione della cittadinanza italiana allo straniero, va valutato il periodo di soggiorno in Italia assistito da regolare permesso, per cui va esclusa la rilevanza del periodo in cui lo straniero medesimo non sia risultato anagraficamente residente nel paese;

    — apolide residente in Italia da almeno cinque anni (art. 9, co. 1, lett. e));

    — straniero, il cui padre o la cui madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado siano stati cittadini per nascita, o che sia nato in Italia e che, in entrambi i casi, vi risieda da almeno tre anni (L. 91/1992, art. 9, co. 1, lett. a));

    — straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano e residente in Italia da almeno cinque anni (art. 9, co. 1, lett. b));

    — straniero che abbia prestato servizio alle dipendenze dello Stato italiano, anche all’estero, per almeno cinque anni (L. 91/1992, art. 9, co. 1, lett. c)).

    2.7 Meriti speciali: la cittadinanza può essere concessa, in casi eccezionali, sia per merito allo straniero che abbia reso notevoli servigi all’Italia, sia per elevata necessità di ordine politico connesse all’interesse dello Stato (L. 91/1992, art. 9, co. 2).

  3. La riforma in discussione al Senato (A.S. 2092, “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizioni in materia di cittadinanza”) prevede due nuove ipotesi: da un lato, introduce il c.d. Ius soli temperato. In questa ipotesi, può acquistare la cittadinanza, al compimento del 18° anno di età, chi è nato in Italia da immigrati titolari del permesso di soggiorno permanente per i cittadini di altri paesi UE o del permesso di soggiorno lungo per cittadini extra UE. Quest’ultimo è rilasciato a chi abbia avuto per almeno cinque anni un permesso di soggiorno valido, un reddito non inferiore all’assegno sociale (pari ad € 5.824 annui), un alloggio idoneo e, infine, abbia superato un test di italiano.

  4. Dall’altro, si introduce il c.d. Ius culturae, cui sono sostanzialmente riconducibili due ipotesi:

    4.1 minore straniero nato in Italia o che vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età e che, in ogni caso, abbia frequentato, per almeno cinque anni, sul territorio nazionale uno o più cicli appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi triennali o quadriennali di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Nel caso di frequenza del corso di istruzione primaria è necessaria anche la conclusione positiva del ciclo;

    4.2 straniero, entrato in Italia prima del compimento dei diciotto anni, ivi residente da almeno sei anni, che, nel territorio italiano, abbia regolarmente frequentato con esito positivo un ciclo scolastico presso gli istituti del sistema nazionale di istruzione o un percorso di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale.

    Si tratta di due fattispecie fondate su un presupposto comune, anche se diversamente modulato: la frequenza regolare in Italia di un ciclo scolastico o di formazione professionale. La presunzione è chiara: l’integrazione scolastica è segno di volontà di inserimento sociale, di riconoscimento della cultura e delle regole della società italiana, così da lasciar presumere l’accettazione del contesto socio-politico-economico italiano nonché la volontà di divenire componente a pieno titolo della nazione italiana, acquisendone la cittadinanza.

1 Le note che seguono sono state elaborate attingendo da “La disciplina vigente: la legge n. 91 del 1992 (a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica).

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