La scelta di campo rispetto a questa campagna elettorale è, da parte mia, già stata compiuta. Vorrei proporre questa riflessione, quindi, come un contributo al dibattito e al confronto e non come un intervento di campagna elettorale.
Seguendo le cronache della campagna elettorale non ho colto gli approfondimenti che sarebbero necessari rispetto al tema centrale di quale idea di città si voglia realizzare. La questione non è né retorica né in politichese. E’, invece, una questione cruciale perché la crisi che sta attraversando Parma dal 2004 in avanti è una crisi di sistema, che richiede più e prima delle singole risposte settoriali una visione di insieme e di prospettiva.
Parma, infatti, deve tornare concretamente ad essere una città leader, colmando il gap tra la sua immagine e la sua fama, da un lato, e la sua dimensione reale, dall’altro. Recuperare una leadership è una operazione complessa, che richiede determinazione, coesione e lungimiranza e una guida forte e riconosciuta. Riunire in una sinergia costante e condivisa il capoluogo e la provincia è il primo obiettivo da porsi, perché la visione “separatista” è miope. Parma è tale – storicamente, sociologicamente ed economicamente – per la sua montagna, la sua riviera sul Po, i prosciuttifici di Langhirano, il salame di Felino e il culatello di Zibello, il Teatro Regio e il Festival Verdi, l’industria alimentare, e non, diffusa sul territorio, il suo sistema sanitario e la sua Università. Come tale Parma va considerata e valorizzata, più che mai nell’ottica dell’area vasta, della Regione e delle dimensioni più ampie.
Il problema non è quello di rivendicare il titolo di “piccola capitale”, ma quello di giocarsi le proprie carte con il peso delle proprie oggettive qualità. Come non cogliere che solo così la rivendicazione del proprio peso socio-economico e politico può assumere maggiore spessore e non può essere ignorata? Certamente, questa decisiva partita richiede la capacità di uscire dall’ottica dell’autosufficienza, vicina all’isolazionismo, che per troppo tempo ha prevalso.
Così, a mio modesto parere, è improduttivo continuare a rimpiangere la grande occasione perduta della stazione Mediopadana, mentre è realistico e lungimirante costruire un grande hub logistico dell’Emilia Occidentale, connettendo efficacemente l’alta velocità con il nostro aeroporto e insistendo tanto per la realizzazione completa della TiBre (un’opera che garantirà la centralità del nodo autostradale e logistico di Parma rispetto al collegamento con l’Europa), quanto per il raddoppio della Pontremolese, pur conoscendo tutte le difficoltà. E la centralità del nodo logistico-trasportistico garantirà inevitabilmente anche il consolidamento della dimensione politica ed economica della realtà parmense, consentendo di recuperare proprio lo svantaggio determinato dalla Mediopadana.
In questa stessa prospettiva è più che legittimo rivendicare il rafforzamento del sistema sanitario parmense, secondo polo della Regione, non solo attraverso la creazione della Azienda unica (logico punto di approdo di una felice collaborazione tra Ausl e Azienda Ospedaliera Universitaria, di cui vanno ringraziati i direttori generali), ma anche consentendo la realizzazione degli importanti progetti in discussione; un rafforzamento che deve muoversi in una ottica di reciprocità , nell’ottica di una rete sempre più integrata, non concorrente, di eccellenze. E’ sotto gli occhi di tutti che, in un simile scenario, il sistema sanitario dell’Emilia occidentale non potrebbe oggettivamente avere complessi di inferiorità rispetto ad altre realtà regionali con un vantaggio per tutta l’Emilia Romagna e non solo.
E ancora: come sottovalutare la forza trainante della cultura, del teatro lirico, del Festival Verdi di Parma e Busseto, del teatro di prosa, di Parma città di cultura? E’ necessaria, però, una visione di insieme e di ambizione internazionale. Il Festival Verdi è la “pepita d’oro”, il fattore trainante , il “cavallo di Troia” per la grande ricchezza culturale della nostra città. In questa prospettiva, nel Festival bisogna scommettere davvero con un grande progetto scevro dal difetto dell’autosufficienza: vanno create alleanze con grandi teatri, con i maggiori network internazionali e con quanti altri, anche nel campo privato, vogliono essere parte di questo progetto, che non può prescindere da un direttore artistico di livello mondiale. Per questa via Parma potrà acquisire una capacità attrattiva simile a quella di Salisburgo, e anche più originale se la proposta sarà caratterizzata da una offerta culturale complessiva, non solo lirica, che comprenda il teatro popolare e sia opportunamente integrata con il Duomo, il Battistero, i capolavori del Correggio, la gastronomia e le bellezze naturali.
E ancora: la creazione di una sempre più solida e intensa sinergia con l’Università, a partire dal settore farmaceutico e alimentare, forti della presenza, oltre che di industrie di livello mondiale, anche di Efsa.
La riflessione non può che fermarsi qui, anche se dovrebbe essere ancora molto lunga. Credo, però, che le ragioni della domanda di partenza siano sufficientemente chiarite. E parimenti sia chiara l’esigenza di una forte leadership che sappia coinvolgere tutti in questa scommessa difficile, ma non impossibile: il recupero di un protagonismo indispensabile per Parma e Provincia, ma anche per l’area vasta, per l’Emilia Occidentale, un protagonismo che non significhi più concorrenza ma sinergia.
Queste righe sono e rimangono – ribadisco – un contributo e nulla più, con tutti i limiti del caso e con la consapevolezza di non avere la verità in tasca.