Le sentenze sui direttori dei musei sembrano dimenticare, pregiudizialmente, la natura della procedura selettiva internazionale, che si caratterizza per una natura fortemente legata alla valutazione della persona (il c.d. intuitus personae), dimostrata dal fatto che, nell’ambito della terna, il ministro o il dirigente scelgono discrezionalmente.
Questo fatto rende critica la sostenibilità dell’annullamento per mancata determinazione del punteggio, in quanto il punteggio individuale e specifico non è elemento dirimente ai fini della scelta del candidato.
D’altra parte, la peculiarità della selezione nonché la sua natura internazionale e di altissima specializzazione non possono far ritenere illegittime le interrogazioni tramite Skype né possono rendere credibile l’eccezione del colloquio a porte chiuse.
Chi ha chiesto di aprire le porte e si è sentito rifiutare la possibilità di assistere al colloquio?
Non siamo di fronte ad un concorso per un impiego pubblico classico.
Nel ricorso n. 6171/2017 viene eccepita la violazione di disposizioni che vietano di conferire incarichi di natura dirigenziale o legati ad attività di interesse nazionale a cittadini provenienti dai Paesi membri dell’Unione Europea.
Tale eccezione appare inopinatamente accolta perché la disposizione nazionale, per non essere in contrasto col principio comunitario della libera circolazione delle persone, deve essere oggetto di una interpretazione orientata, che la renda compatibile con le norme europee.
A tale riguardo, soccorre la sentenza della sezione seconda della Corte di Giustizia U.E. del 10.09.2014, emessa a seguito di rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato su un caso analogo (causa C-270/13).
Con tale sentenza, infatti, la Corte ha escluso che uno Stato possa riservare esclusivamente ai suoi cittadini l’accesso ad incarichi dirigenziali laddove per la natura dell’Ente e per le competenze concretamente attribuite – quali quelle ricorrenti nel caso specifico – detti poteri costituiscano solo una parte marginale dell’attività, caratterizzata prevalentemente dalla natura tecnica e di gestione economica. E questo la Corte ha affermato alla luce dell’art. 45, par. 4, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
Sul piano giudiziario, la parola passa al Consiglio di Stato; sul piano politico, non si può non rilevare che questa sentenza evidenzia il problema di una giustizia amministrativa, che deve trovare la giusta misura tra la tutela sostanziale della legalità e l’effettività dell’azione amministrativa limitando lo spazio del vizio meramente formale.