Il decreto sicurezza che il Senato ha convertito in legge è centrato sul concetto di sicurezza integrata, in un sistema in cui tutte le forze in campo, dalle forze dell’ordine ai questori, ai sindaci, alla polizia urbana, collaborano in modo organico, per affrontare il problema. E’ un salto concettuale importante che aiuterà ad aumentare il livello
di sicurezza nelle città.
Riporto di seguito il mio intervento, come relatore del provvedimento, in Aula al Senato:
Signor Presidente, sarò molto breve. Voglio fare solo alcune annotazioni. La prima è in ordine all’impostazione di questo decreto-legge, che credo abbia un elemento estremamente significativo e importante e poco conta se sia nuovo o non sia nuovo perché è molto importante che in questo momento venga proposto. Sto parlando del concetto della sicurezza integrata, di un sistema cioè che pone il problema dell’integrazione dell’azione organica come problema ed elemento fondamentale, e in questa logica, realizza tanto la sussidiarietà verticale quanto la sussidiarietà orizzontale, nella consapevolezza della complessità del problema della sicurezza.
Credo che sia un salto concettuale dal punto di vista politico estremamente importante e credo che la discussione abbia chiarito la difficoltà di contestare questo elemento. Ancora una volta siamo stati infatti di fronte ad una discussione in cui più i toni degli insulti sono stati alti, più c’era il vuoto delle proposte alternative. Tali proposte non si sono viste negli emendamenti e nelle discussioni, in cui si è arrivati semplicemente ad affermazioni del tutto gratuite ed offensive per la sensibilità democratica del Governo e del Partito Democratico. Dire, come è stato sostenuto, che questo è un manifesto ideologico della criminalizzazione della povertà o dire che siamo di fronte alla violenta carica repressiva verso i marginali, sono affermazioni che, nel rispetto delle differenze di opinioni, mai dovrebbero essere ammesse in un’Aula di questa natura.
Voglio ricordare alla senatrice De Petris e alla senatrice Nugnes che l’articolo 2 della Costituzione parla di inderogabili doveri di solidarietà sociale ed economica e questi doveri sono nei confronti di tutti i cittadini, non di qualche cittadino. Questo documento cerca di realizzare semplicemente un equilibrio o un recupero di equilibrio del diritto di vivere la propria città da parte di tutti.
Non fa nessuna opera di discriminazione, ma cerca di riequilibrare e lo fa con misure che, chi vuole far finta di non vedere, sa che sono anche misure che non riguardano la cosiddetta marginalità ma riguardano chi “ha” o chi “può”. Per esempio, le ordinanze in ordine alle bevande sono legate a fenomeni che riguardano chi disturba la quiete dei cittadini nei bar o nei locali. Quindi, siamo di fronte a tutto tranne che a un elemento di sperequazione.
Noi stiamo cercando di recuperare un senso di legalità e di equilibrio nella vita della città, che è l’elemento essenziale perché anziché l’odio o l’incomprensione sociale ci sia l’attenzione reciproca. Solo così si ricreano condizioni superiori di integrazione e si può aggredire l’emarginazione. Se invece si coltiva, in nome di una retorica tutela dei diritti, la distanza tra i cittadini, si ottiene esattamente l’elemento contrario: l’intolleranza che non aiuta le politiche di integrazione.