Gentilissime e gentilissimi,
anche in queste settimane sono diversi e rilevanti i fatti politici – locali e nazionali – su cui voglio soffermarmi. In particolare vi scrivo per condividere alcune riflessioni sulle elezioni primarie di domenica prossima a Parma e sulla scissione nel Partito Democratico nazionale.
Buona lettura!
Primarie del 5 marzo: al voto per Dario Costi
Domenica 5 marzo si vota a Parma per scegliere il candidato Sindaco del centrosinistra. I seggi rimarranno aperti dalle 8 alle 20. Possono votare tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune di Parma muniti di un documento di identità e della tessera elettorale.
Possono votare anche le seguenti persone, purché si siano registrate entro il 17 febbraio nella sede del PD di via Treves:
– i cittadini stranieri regolarmente residenti a Parma e muniti di documento di identificazione;
– i sedicenni e diciassettenni residenti a Parma;
– gli studenti e i lavoratori fuori sede che dimostreranno di essere domiciliati a Parma, presentando oltre al documento di identità anche un documento che possa dimostrare l’effettiva residenza o domicilio.
Per votare non è necessaria l’iscrizione al PD o ad altri partiti. È richiesto un contributo di 2 euro per la copertura delle spese organizzative.
Si tratta di un appuntamento fondamentale in vista delle elezioni comunali della prossima primavera, ed è molto importante che ci sia molta partecipazione, considerati anche i travagli che sta attraversando il nostro partito. Vi invito pertanto, caldamente, ad andare a votare. E a dare la preferenza a Dario Costi. Vi invito, inoltre, a consultare la pagina web di Dario, in cui trovate, molto chiaramente, tutte le informazioni necessarie su come e dove votare nella giornata di domenica. > http://www.dariocosti.it/come-si-vota/
Dario rappresenta la novità e ha tutte le caratteristiche personali per poter essere un Sindaco degno di tale nome: una sua professione e, quindi, non ha bisogno dell’incarico politico né economicamente, né per fare il cosiddetto salto di “status”; ha un carattere determinato e volitivo e, come dimostra la indefessa campagna elettorale, un grande senso di responsabilità e di consapevolezza di ciò che richiede la sindacatura per essere svolta in modo degno ed efficiente.
Alla candidatura di Costi – e solo ad essa – è legata la possibilità di chiudere questi ultimi dieci anni di non governo della Città.
Dario Costi, infatti, è l’unico che può realizzare la discontinuità vera e reale da questo triste periodo, perché non ha, a differenza di altri candidati, tra i suoi sostenitori assessori e manager dell’era Vignali.
Da un lato, infatti, la Giunta Vignali ha penalizzato Parma con gli scandali (STT, SPIP, Alpha, Tep) e con l’enorme debito di Comune e Società partecipate, rappresentando il punto di governo più basso dopo lo scandalo edilizio degli anni ‘70. Dall’altro, l’attuale Sindaco, al netto dei comportamenti penalmente rilevanti, ha gestito in continuità con tale esperienza, senza trovare la forza e il coraggio per regalare a Parma il “cambio di libro”, cioè l’apertura di una nuova fase.
Nei giorni scorsi il Segretario cittadino del PD ha alimentato una polemica sui “confini invalicabili” delle alleanze riferendosi alla dichiarazione di appoggio a Dario Costi di un esponente dell’ex Civiltà Parmigiana.
Ho condiviso, tra il 2007 e il 2011, l’esperienza consiliare e l’opposizione alla giunta Vignali, ovvero al punto più basso, di non ritorno, della mala-amministrazione a Parma. Sono gli anni del WCC, dello scandalo STT, di Alpha, di Tep, del piano dei parcheggi interrati, dei progetti faraonici come il palazzetto dello sport voluto proprio dall’Assessore allo Sport, e il cronicario noto come WCC, dei 130.000 euro per le rose mai piantate sul Lungoparma e dei 70.000 euro destinati al canile Lilly e per quello mai spesi, del megagalattico debito di 289 milioni per il Comune e di 600 milioni per le società partecipate. Sono gli anni della Parma da bere. Una stagione chiusa a furor di popolo, che dovrebbe costituire un muro invalicabile per il PD e per tutti coloro che hanno a cuore la buona e responsabile amministrazione, la legalità e la lotta alla corruzione. Mentre la candidatura di Paolo Scarpa, che nel 2012 si candidò assessore all’Urbanistica con Roberto Ghiretti, già assessore allo Sport nella Giunta Vignali, allora candidato Sindaco nell’area di centrodestra in opposizione al centrosinistra, ha il sapore della continuità con quella stagione, avendo nello stesso Ghiretti il suo primo sostenitore; quella continuità, di cui, come ho anticipato, non c’è bisogno.
Riflessioni sulla scissione
Intanto stiamo assistendo alla brutta pagina della scissione nel PD.
Gli scissionisti accusano Matteo Renzi di non aver fatto politiche di sinistra, ma dimenticano, ad esempio, la legge sulle unioni civili e la politica perseguita dal governo sull’immigrazione, con i salvataggi in mare, l’accoglienza e l’integrazione. Iniziative che fanno parte del Dna della sinistra, anche a costo di essere impopolari in questo periodo di populismo dilagante.
Certo, Renzi ha le sue responsabilità, ma, al di là delle ragioni e dei torti di ciascuno, la scissione è una scelta politica sciagurata, una sconfitta per tutti noi che abbiamo creduto nel progetto del PD. Del resto, non si può nemmeno dimenticare una ragione di fondo della democrazia, anche nei partiti: il rispetto che deve esserci del ruolo diverso tra maggioranza e minoranza.
Renzi ha vinto un congresso acquisendo il diritto di guidare il PD. Le sue modalità di conduzione possono essere messe in discussione, ma si dovrebbe rimanere all’interno dei percorsi previsti dal nostro statuto e dal regolamento. Rompere sulla data del congresso e perché Renzi intende ricandidarsi alle primarie, mi sembra francamente poco comprensibile, soprattutto di fronte ai cittadini e ai nostri elettori.
Tutte le persone che incontro, mi chiedono i motivi di queste liti e divisioni interne a fronte di un Paese che vive una situazione così difficile e pesante, e vorrebbero piuttosto unità. Hanno ragione loro. Ed è molto doloroso vedere questa contrapposizione pregiudiziale che contraddice le ragioni stesse per le quali il PD è nato, vale a dire l’unione delle anime progressiste del Paese che hanno alle spalle una matrice diversa, ma un comune sentire sui temi del sociale e del futuro del Paese.
Come si potrà poi andare al voto divisi dicendo di voler garantire la governabilità? La scissione finirà per indebolire il PD e l’intero centrosinistra e sarà un assist formidabile ai nostri avversari politici. Ci ricordiamo il 1998 (la caduta del Governo Prodi ad opera di D’Alema) e le sue conseguenze? Errare è umano, perseverare diabolico.
A presto,
—Giorgio